Il Teatro Comunale “Maria Caniglia” di Sulmona, fiore all’occhiello della città di Ovidio, è il più grande tra i teatri storici abruzzesi e uno dei migliori per acustica e bellezza architettonica. Inaugurato nel 1933, vanto della città dell’epoca, esso ricalca l’usuale assetto dei teatri del Settecento, costituito da tre parti: un corpo basso, con affaccio su Via Angeloni, che consta di ingresso, fumoir e bar; un corpo centrale, in cui si trovano vestibolo, platea, palchi e corridoi; un corpo posteriore, in cui si trovano palcoscenico, camerini e disimpegni. Il corpo d’ingresso, notevole per gli interni densamente decorati a stucco, richiama chiaramente lo stile neoclassico. La sala interna, a forma di ferro di cavallo e interamente rivestita di seta damascata, ospita un’ampia platea, quattro ordini di palchi (65 in totale) divisi da archi ribassati, un anfiteatro e il loggione. La capienza originaria era di 1000 posti, poi ridotti a 700 per ragioni di sicurezza. Ad ornare gli interni sono i piccoli lampadari in cristallo di Boemia, che fanno da richiamo alla grande corona luminosa, anch’essa di cristallo, che sovrasta il centro della platea. A dividere la platea e il boccascena, dominato da un elegante orologio, è la balaustra oltre cui si apre la buca dell’orchestra, l’unica in Abruzzo abbastanza ampia da ospitare cinquanta elementi. Il palcoscenico, di metri 16×14, è tra i più grandi della Regione.

Note storiche

La tradizione teatrale a Sulmona ha radici profonde: se dell’unica tragedia scritta da Ovidio, Medea, non resta traccia alcuna, è invece attestato che in epoca medievale nelle chiese della città venivano messi in scena drammi di argomento sacro. Questi ebbero degno seguito nelle sacre rappresentazioni barocche, come la Madonna che scappa in piazza, allestita dalla Confraternita di S. Maria della Tomba la domenica di Pasqua, e la Processione del Cristo Morto, anticamente organizzata dalla Congrega dei Nobili, un sodalizio di chiara ispirazione gesuitica.

Proprio nel Collegio dei Gesuiti nel tardo Ottocento esisteva un piccolo spazio scenico noto come Teatro Comunale. Per quanto inadatto ad accogliere spettacoli di rilievo, esso costituì, di fatto, il primo tentativo di rispondere all’esigenza dei Sulmonesi più colti e raffinati di celebrare il rito sociale dell’andare a teatro, vera e propria moda di quegli anni. L’esperienza del Teatro Comunale fallì presto, lasciando spazio a nuove strutture: il Teatro Ovidio, sorto nel 1901 nei pressi della Villa Comunale, votato soprattutto all’intrattenimento popolare, e il Teatro Caracciolo, costruito in Piazza XX Settembre nel 1908, che si rivolse a un pubblico più colto e borghese, ma che ebbe vita breve (chiuso nel 1910, fu distrutto da una bomba durante la Seconda Guerra Mondiale). Nel frattempo spettacoli e concerti continuavano a svolgersi ancora nelle chiese e nelle piazze, dove compagnie di artisti nomadi costruivano edifici teatrali temporanei. Ai primi del Novecento, mentre la grande tradizione operistica italiana volgeva al termine, Sulmona non era ancora provvista di un teatro propriamente detto.

Nel 1914 l’amministrazione comunale, colto il fermento culturale cittadino, stabilì la necessità di costruire un nuovo teatro e a tal scopo individuò come sito l’orto dell’ex-convento di Santa Caterina. Nel 1924 si costituì il Comitato Pro Teatro, finalizzato al reperimento di fondi destinati alla realizzazione dell’opera. Con il denaro raccolto in partenza, benché insufficiente a coprire tutti i costi, il cantiere prese il via e, su progetto di Guido Conti, che si ispirò al Teatro Quirino di Roma, la costruzione ebbe inizio. Dieci anni dopo, malgrado imprevisti e vicissitudini, il sogno di Sulmona «di possedere un teatro grandioso, degno di una città progredita» divenne realtà: il 4 maggio 1933 ebbe luogo la fastosa inaugurazione, con gli allestimenti Andrea Chénier di Umberto Giordano e il Rigoletto di Giuseppe Verdi diretti dal Maestro Francesco Salfi. Nel cast delle due opere, proveniente dal Teatro dell’Opera di Roma e dal Teatro alla Scala di Milano, comparvero nomi d’eccezione, come il tenore Antonio Bagnariol, il baritono Benvenuto Franci e il soprano Maria Caniglia, originaria di Rivisondoli. A quest’ultima , che in quell’occasione volle rinunciare al proprio cachet per omaggiare le origini abruzzesi, nel 2000 fu intitolato il teatro, che originariamente era detto Teatro Comunale Littorio e poi semplicemente Teatro Comunale.

Dall’inaugurazione ad oggi il nostro teatro ha vissuto un lungo e quasi ininterrotto periodo di stagioni concertistiche e di prosa, organizzate, a ruota, da più enti del territorio. Nel calcare la scena del Caniglia si sono avvicendati alcuni tra i più grandi artisti del panorama teatrale italiano, tra i quali Vittorio Gassman, Luca De Filippo e Gigi Proietti, che qui allestì e portò al debutto la memorabile pièce A me gli occhi. A memoria della densità della tradizione del Caniglia restano le pareti del retroscena, tappezzate di locandine e manifesti – vero e proprio memoriale della storia del teatro italiano – e la mostra permanente di locandine allestita nel Foyer. Pur ospitando grandi professionisti, tuttavia, il Teatro Caniglia non ha mai smesso di rappresentare anche un luogo a disposizione della città e dei cittadini di Sulmona, che qui hanno avuto l’occasione, negli anni, di portare in scena allestimenti autoprodotti, saggi, concerti fuori stagione, eventi e manifestazioni di vario genere.

Attualmente il Teatro “Maria Caniglia” di Sulmona ospita la stagione concertistica dell’Associazione Camerata Musicale Sulmonese Onlus e la stagione di prosa dell’Associazione Culturale Meta.

 

Testo realizzato a cura del M° Pasquale Di Giannantonio

 

Fonti:

  1. Cardone, Alcuni aspetti della musica nella Sulmona del primo ‘900. Pubblico, luoghi, personaggi. in A. Di Fonzo (a cura di), Tra memoria e futuro. Sulmona e il suo territorio dall’archeologia ad internet, Amaltea edizioni, Corfinio, 2001.
  2. Di Giannantonio, 120 garofani rossi. La Processione e il Coro del Venerdì Santo a Sulmona, Lupi Editore, Sulmona, 2017.
  3. Giannantonio, Il volto del regime. Società, architettura ed urbanistica nella Sulmona del ventennio fascista (1922-1943), Casa Editrice Tinari, Chieti, 2000.

La città di Sulmona

Sulmona (AQ) sorge nel cuore della Valle Peligna, alle porte del Parco Nazionale della Maiella, circondata dalle cime più alte dell’Appennino, in un territorio costellato da borghi caratteristici e scenari naturali incontaminati.

La città, tra le più antiche e caratteristiche d’Abruzzo, vanta una storia millenaria: fondata in epoca remota dal popolo italico dei Peligni, ben presto fu conquistata dai Romani e trasformata in elegante municipium. Oltre alle domus patrizie ricche di mosaici, di questo periodo è ancora possibile ammirare il grandioso Santuario di Ercole Curino, incastonato nell’aspro scenario del Monte Morrone (località Badia). Sulmona ebbe grande fortuna anche in epoca medievale e rinascimentale, che vide fiorire in città chiese e monumenti di pregevole fattura, tra cui il magnifico acquedotto svevo in Piazza Garibaldi, il Complesso della SS. Annunziata, oggi sede dei musei cittadini, e gli eleganti palazzi delle ricche famiglie nobiliari, fra i quali spicca il bellissimo Palazzo Tabassi. Distrutta dal terremoto del 1706, la città, sino ad allora detta, per la sua bellezza, la Siena degli Abruzzi, assunse l’aspetto attuale, impreziosito da scorci di sapore spiccatamente barocco e neoclassico. Al pregevole patrimonio artistico di Sulmona si sposa una storia popolata da grandi personaggi, fra cui Federico II di Svevia, che la volle capitale dell’Abruzzo Citeriore, Papa Celestino V, che qui fondò l’eremo di S. Onofrio e la magnifica Abbazia Celestiniana di S. Spirito, e il poeta latino dell’amore Publio Ovidio Nasone, che qui ebbe i natali e il cui emistichio Sulmo mihi patria est, abbreviato in S.M.P.E., tuttora decora lo stemma cittadino.

Il centro storico, con le sue bellissime piazze e i suoi vicoli caratteristici, fa ancora da teatro alle antiche tradizioni cittadine, come i suggestivi riti della Settimana Santa, la Processione del Cristo Morto e la Madonna che scappa in piazza, appannaggio delle confraternite della città, e la Giostra Cavalleresca, il torneo rinascimentale che, rifondato nel 1995, ogni anno riporta la patria di Ovidio all’antico splendore. Ad animare il luminoso ed elegante Corso Ovidio sono inoltre le caratteristiche botteghe di confetti, specialità dolciaria della città, che insieme con l’aglio rosso rendono Sulmona famosa in tutto il mondo.

Ad oggi Sulmona è considerata tra le mete più significative d’Abruzzo e dell’intero Centro Italia, ed è tappa di numerosi visitatori di ogni provenienza, che la scelgono per l’inconfondibile combinazione di bellezza, enogastronomia di qualità e scenari naturali incontaminati.